Vulcano La Soufrière: possibili effetti sul clima?
Meteorologia
Vulcano La Soufrière: possibili effetti sul clima? Meteorologia

Dal 9 aprile scorso il vulcano La Soufrière, nell’isola di San Vincent (Caraibi), è in fase di eruzione, alternando fasi di relativa quiete a violente esplosioni (immagine 1). L’ultima attività degna di nota del vulcano in oggetto risale al 1979, tuttavia per trovare un’eruzione di entità comparabile a quella attuale è necessario risalire al 1902. A differenza di tutte le eruzioni monitorate in questi giorni (circa 45 a livello globale), quella della Soufrière desta particolare attenzione, non soltanto per le pesanti conseguenze sulle comunità locali, ma anche per i possibili effetti che potrebbe avere sul clima globale.

 

vulcano soufriere

Immagine 1: Photo courtesy UWI Seismic Research Centre.
 

 

 

Le esplosioni provocate dallo stratovulcano sono state talmente potenti da spingere ceneri e gas fino in stratosfera*, quindi ben oltre i 15 chilometri d’altezza (immagine 2). Ma mentre le ceneri e le polveri hanno una permanenza relativamente breve in stratosfera (giorni/settimane) e quindi un effetto climalterante molto modesto, i gas eiettati, come anidride carbonica, CO2 e anidride solforosa, SO2, possono permanere per mesi, o per anni con impatti potenzialmente significativi.

 

Altezza delle ceneri vulcano La Soufriere NASA

Immagine 2: altezze raggiunte dalle ceneri e dai gas emessi dal vulcano la Soufrière (NASA) 
 

 

Possibile un effetto di "raffreddante" sul clima globale causato dalle ceneri?

L’attenzione della comunità scientifica è rivolta soprattutto all’anidride solforosa la quale, una volta in stratosfera, si converte in acido solforico diventando riflettente rispetto alla radiazione solare incidente, con un effetto raffreddante (cooling). L’esatto contrario di quanto avviene con l’anidride carbonica trasparente rispetto alla radiazione incidente, ma estremamente opaca rispetto alla radiazione infrarossa riemessa dalla terra, con un effetto riscaldante (warming).
Affinché l’acido solforico abbia un impatto significativo sul clima globale è necessario che la quantità di SO2 emessa dal vulcano in stratosfera raggiunga la ragguardevole soglia dei 5 teragrammi (1 teragrammo equivale a 1 trilione di grammi, o 1 milione di tonnellate).

Secondo le ultime stime effettuate dalla NASA, tra il 9 e il 15 aprile, il vulcano ha immesso in medio-bassa stratosfera all’incirca mezzo teragrammo di anidride solforosa (0.4-0.6 – immagine 3), una quantità ancora molto lontana dalla soglia di influenza climatica, ma comunque superiore a quanto mai prodotto da qualsiasi altro vulcano caraibico dall’inizio dell’era satellitare (1978).

 

Vulcano da satellite

Immagine 3: i fumi emessi dal vulcano durante una delle esplosioni più violente.
Oltre alle ceneri all’interno del materiale ci sono grandi quantità di SO2 (NASA) 
 

 

 

... nessuno può dire quando le eruzioni termineranno 

Gli esperti tuttavia ritengono che la possibilità di raggiungere i 5TGs non sia così remota, in quanto il tipo di eruzioni di uno stratovulcano come la Soufrière, sono di tipo erratico, vale a dire in continua mutazione in termini temporali e di potenza. Ciò significa che la relativa calma di queste ultime ore (l’ultima esplosione risale al 18 aprile, con colonna di fumo alta circa 8 km), può essere seguita in qualsiasi momento da forte attività. In altre parole, si conosce la data di inizio dell’eruzione, ma nessuno può dire quando e come finirà.

La potenza eruttiva de la Soufrière la si può apprezzare anche osservando l’estensione in troposfera della SO2 emessa: al 15 aprile la scia aveva raggiunto l’India (immagine 4). È bene precisare che la quota di anidride solforosa a carico della troposfera si sposta ad una quota di circa 4000-5000 metri e non produce effetti diretti sul clima. 

 

scia di SO2 emessa da la Soufrière

Immagine 4: la scia di SO2 emessa da la Soufrière in data 15 aprile ha raggiunto l’India (by Sentinel 5)

 

 

 

Precedenti simili provocarono un raffreddamento del clima globale per diverso tempo  

L’ultimo stratovulcano non caraibico capace di modificare in maniera significativa il clima terrestre fu il Pinatubo nel 1991, le cui emissioni in stratosfera causarono un raffreddamento di 0.3-0.4 °C che perdurò per circa 2 anni. Prima del Pinatubo, nel 1982, esplose il vulcano Chichon in Messico, ma gli effetti, a scala emisferica, furono limitati sia per la minor quantità di SO2 emessa (7 milioni di t contro i 20 milioni del Pinatubo) sia per la contemporanea presenza di un evento NINO eccezionalmente intenso.

Prima del Pinatubo si ritiene che le ultime eruzioni in grado di immettere in stratosfera un quantitativo di SO2 pari o superiore siano state quelle del Novarupta (Alaska, 1912) del Krakatoa (Indonesia, 1883), del Tambora (Indonesia, 1815) e del Laki (Islanda, 1783-1784). In tutti e 4 i casi il clima della Terra subì un temporaneo, ma significativo, raffreddamento, sebbene nel caso del Laki e del Novarupta gli effetti furono più evidenti nel nord emisfero ed in particolare alle latitudini medie e alte.

La letteratura corrente afferma, infatti, che grandi eruzioni vulcaniche situate a latitudini tropicali possono avere effetti climatici su tutto il globo e avere effetti più duraturi nel tempo, quelle invece che si verificano al di sopra o al di sotto del 30°N/S hanno impatti per lo più circoscritti all’emisfero in cui si trovano e una durata temporale inferiore. Nel caso del Laki, ad esempio, le conseguenze climatiche furono particolarmente evidenti in Europa, Nord America e in Giappone: temperature mediamente più basse e estremi meteorologici più frequenti.